Nell’articolo di oggi ci occupiamo dei dazi USA, del CETA e delle minacce all’eccellenza italiana nel food. Un argomento quantomai attuale, soprattutto dopo la recente visita del segretario di Stato americano Mike Pompeo a Roma: in agenda l’aumento dei dazi doganali sui prodotti europei e, in particolare, sul cibo italiano.
Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato estero per il comparto agroalimentare italiano. Nel 2019 le esportazioni verso gli USA crescono di circa il 5%, segno di un apprezzamento sempre maggiore dei consumatori d’oltreoceano verso il food & beverage tricolore. Ma la minaccia di nuovi e pesanti dazi doganali imposti dal governo americano rischia di compromettere seriamente l’export ‘made in Italy’. A farne le spese sarebbero non solo le aziende produttrici del nostro Paese, ma anche il buon nome dei nostri prodotti agroalimentari: il crollo delle vendite legato all’aumento delle tasse favorirebbe, infatti, il business dell’Italian sounding che già negli USA è estremamente diffuso.
Secondo il piano USA, i prodotti italiani maggiormente colpiti sarebbero: prosciutti cotti, formaggi (in particolare Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Pecorino Romano e Provolone), frutta e verdura (con l’esclusione del pomodoro). Restano fuori dall’ondata di nuove tasse, almeno per il momento, il Prosciutto di Parma e il San Daniele, il nostro pregiato olio d’oliva, la pasta e i vini. I dazi aumenteranno anche per gli alcoolici, e ciò desta preoccupazione visto il grande appeal del bere italiano nel Paese a stelle e strisce. Insomma, fra qualche settimana uno spritz a New York potrebbe costare molto, molto caro.
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Come sottolinea Coldiretti, l’eccellenza italiana nel food è sotto attacco. Parmigiano Reggiano e Grana Padano sono i prodotti italiani più imitati nel mondo. Dagli Stati Uniti fino all’Australia, l’ormai noto (e farlocco) Parmesan viene ritenuto autenticamente ‘made in Italy’ dai consumatori locali. Senza contare il Parmesao brasiliano, il Parmesano uruguagio, il Reggianito argentino o il Gran Pampeana sudamericano.
La proliferazione dei falsi prodotti italiani non è solo agevolata dall’aumento dei dazi. L’altra seria minaccia all’eccellenza italiana nel food & beverage si chiama CETA. Si tratta di un accordo di libero scambio delle merci con il Canada. Un accordo che, di fatto, legittima la pirateria alimentare, permettendo ai prodotti fake provenienti da oltreoceano di invadere il mercato europeo. Nonostante gli accorati appelli dei produttori e di molte associazioni, il Governo del nostro Paese non ha ancora attuato azioni significative per contrastare questo accordo. Anzi, pare che Teresa Bellanova, nuova Ministra dell’Agricoltura, si sia espressa favorevolmente verso il CETA. A questo proposito, segnaliamo la battaglia di un giovane imprenditore italiano, Stefano Caccavari, impegnato a sensibilizzare le coscienze di consumatori e operatori del settore contro gli enormi danni del CETA. In pericolo non è solo l’eccellenza italiana nel food, ma la salute di tutti noi.
Noi di Bell Italia ci impegniamo quotidianamente affinché i migliori prodotti food e no food italiani possano raggiungere gli scaffali dei supermercati di tutto il mondo. Proponiamo offerte e garantiamo ai nostri clienti un servizio di supporto pre e post vendita di assoluta qualità. Certificati d’origine, documenti doganali, assistenza logistica, rietichettatura della merce in altre lingue. Sono solo alcuni dei servizi essenziali di cui ci occupiamo, per permettere ai nostri partner di importare correttamente e senza rischi qualsiasi prodotto e riceverlo in breve tempo ovunque si trovino. Grazie a Bell Italia, ogni giorno circa 3 container di prodotti italiani raggiungono mercati esteri: dagli USA al nord Europa, dalla Cina alla Russia. Siamo ambasciatori di eccellenza italiana, oltre che una vetrina sempre aggiornata sui migliori prodotti del nostro Paese, sui nuovi lanci del mercato, sulle tendenze del Belpaese.
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Anche noi condividiamo l’auspicio che il nostro Governo si impegni nella difesa del ‘made in Italy’ contro le minacce che quotidianamente rischiano di danneggiare l’eccellenza italiana nel food.
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