Food ‘made in Italy’ e fake news: un binomio quantomai attuale e, purtroppo, sempre più diffuso grazie al web e ai social network.
Quella delle bufale sul web è un’abitudine alla quale un po’ tutti abbiamo fatto il callo. Si pensi, ad esempio, alle fake news elettorali, che quotidianamente invadono le bacheche dei nostri social con l’intento di screditare questo o quell’altro politico. O alle finte notizie finanziarie, generate per creare ulteriori allarmismi in tempi già difficili di crisi e incertezza. Fino alle “morti” inventate di personaggi famosi, che permettono anche a siti web farlocchi e improvvisati di “acchiappare” migliaia di clic.
L’ultima vittima illustre delle fake news è proprio il food nostrano, cui spesso si cerca di rovinare l’ottima reputazione di cui gode, in particolare all’estero. Cibo e bevande italiane muovono un export business di oltre 40 miliardi di euro e rappresentano in tutto il mondo il nostro stile di vita, il nostro gusto, la nostra cultura. Se il food ‘made in Italy’ è conosciuto e apprezzato ovunque il merito non è solo attribuibile alla qualità indiscussa dei nostri prodotti agroalimentari, ma anche agli investimenti che le aziende produttrici italiane hanno sostenuto negli anni in termini di marketing e comunicazione. Aziende che, oggi, devono anche contrastare l’insidia delle fake news, che rischia di compromettere reputation e fatturati.
Vediamo le 5 peggiori fake news sul food italiano.
Se si parla di olio extra vergine di oliva italiano, il brand più conosciuto all’estero è Bertolli. L’azienda, fondata a Lucca nel 1865, è oggi di proprietà del gruppo spagnolo Deoleo e ha costruito la propria storia a suon di premi e riconoscimenti di qualità, tanto che Bertolli è stato il primo olio extravergine italiano ad essere esportato negli USA. Questa popolarità, cresciuta ulteriormente negli States dopo il piano d’investimenti da oltre 7 milioni di euro per il restyling e il rilancio del marchio, ha evidentemente infastidito più di un competitor. E così, improvvisamente, ha cominciato a circolare in rete uno studio dell’Università californiana di Davis che, dopo aver analizzato alcuni marchi importati di olio extra vergine, concludeva che molti degli oli stranieri spacciati per “extravergini” erano, in realtà, soltanto “vergini”.
Intorno a questa ricerca sono sorti un’infinità di blog e commenti social (la gran parte, curiosamente, provenienti da account serbi e macedoni) che, a suon di titoloni e allusioni, tendevano a puntare il dito contro il brand italiano. Un attacco troppo, troppo mirato perché non si pensasse a una azione di lobbying dei produttori americani finalizzata proprio a colpire Deoleo, che oggi è leader mondiale con una quota pari al 10,5% di mercato. Tanto che la stessa Deoleo ha immediatamente lanciato una campagna anti fake news (link) e pubblicato un video in cui l’amministratore delegato, Pierluigi Tosano, smonta le tesi dell’Università di Davis difendendo a spada tratta la qualità del nostro olio.
Il gruppo Soresina, autentico colosso ‘made in Italy’ nel settore lattiero caseario, ha recentemente lanciato una campagna pubblicitaria da 2,5 milioni di euro con l’obiettivo primario di combattere la dilagante cattiva informazione in merito al latte. Sul web, infatti, circolano con sempre maggiore insistenza notizie circa la pericolosità di latte e latticini per la salute. Notizie quasi sempre prive di fondamento o evidenza scientifica, divulgate da fantomatici blogger o siti web improvvisati, che si diffondono sul web e diventano presto virali.
Bufale costruite sapientemente, ben architettate per far breccia sugli utenti del web. La nuova campagna di Soresina punta a diffondere il messaggio opposto: sono proprio le fake news a danneggiare la salute! Negli spot, alcuni diffidenti protagonisti vengono improvvisamente prelevati e trasportati all’interno dell’azienda, nelle stalle o nei campi, dove possono vedere con i propri occhi i processi di produzione, il benessere degli animali, il rispetto per il territorio: proprio quegli aspetti su cui avevano espresso perplessità e scetticismo. Il messaggio è chiaro: “prima di cambiare le vostre abitudini alimentari, informatevi a dovere!”.
Ti svegli una mattina e leggi questa notizia: «OMS, agroalimentare italiano sotto accusa: “Olio e grana come il fumo”» (Il Sole 24 Ore del 17 luglio 2018). Ci pensi un attimo e realizzi che il popolo italiano (te compreso) è destinato a una rapida estinzione, dal momento che olio e formaggio sono elementi imprescindibili della nostra dieta. Una convinzione ancor più avvalorata dall’autorevolezza della fonte. Incredulo, cerchi comunque qualche conferma e scopri che il Corriere della Sera ha pubblicato un titolone analogo e sul web i politici si sono già scatenati in una campagna in difesa del ‘made in Italy sotto attacco’. Tutto vero, dunque!
Peccato che nessuno, organi d’informazione compresi, si fosse preoccupato di leggere attentamente le fonti: nel rapporto in questione, infatti, OMS nemmeno aveva menzionato il parmigiano, ma semplicemente invitato i governi a sensibilizzare la popolazione sull’acquisizione di una dieta equilibrata unita a un corretto stile di vita. Ma una verità in tutta questa vicenda c’è ed è… che i titoloni fanno sempre vendere!
Ancora oggi può capitare di imbattersi sul web o sui social in questa bufala: “la pasta ‘made in Italy’ fa male perché realizzata con grano straniero pieno zeppo di pesticidi”. Come molte fake news, anche questa nasce da una prima informazione corretta: diverse aziende italiane di pasta utilizzano grano straniero. Ciò accade perché la produzione nazionale di grano (4 milioni di tonnellate) non è sufficiente a coprire il fabbisogno (6 milioni).
Ecco, allora, che le aziende produttrici si rivolgono al mercato straniero (Canada, USA, Francia, Australia). La notizia dei pesticidi e delle microtossine presenti nel grano (in particolare quello canadese) ha avuto una vasta eco grazie all’interesse di alcune testate giornalistiche ed è stata ulteriormente rilanciata da Coldiretti. Ma a legger bene le analisi (le stesse sulle quali è stata costruita la notizia) si intuisce che il livello di contaminazione del grano estero è ampiamente al di sotto dei limiti di legge e comunque non superiore a quello del grano italiano. Per una analisi approfondita dell’argomento vi rimandiamo a questo interessante articolo (link).
Spesso le fake news vogliono creare inutili allarmismi, oppure fare semplicemente notizia e acchiappare “clic”; altre volte, invece, il loro intento è colpire un determinato business o addirittura specifiche aziende. È accaduto a Barilla, che dopo esser stata coinvolta nella bufala del grano contaminato (vedi paragrafo precedente), ha dovuto difendersi dall’accusa di essere… americana! Eh già, perché non c’è modo migliore per chi voglia colpire al cuore un’azienda simbolo del ‘made in Italy’ se non attaccarne subdolamente l’identità. Pronta è arrivata la smentita del colosso alimentare di Parma, attraverso un comunicato stampa che comincia così «Barilla è italiana in tutti i modi in cui è possibile per un’azienda essere tale» (link)
Abbiamo citato quelle che, a nostro avviso, sono le 5 peggiori fake news attualmente in circolazione sul food italiano. Ma il web sforna bufale nuove ogni giorno, e tanti consumatori italiani e stranieri finiscono per cadere nel tranello della disinformazione. Noi di Bell Italia ci impegniamo quotidianamente per trasmettere ai nostri clienti solo notizie vere e fondate: lo facciamo attraverso il nostro blog, ma anche nel contatto quotidiano con ognuno di loro. Solo così possiamo davvero essere “la vetrina sull’Italia per grossisti e dettaglianti di tutto il mondo”.
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